Fortificazioni della Maremma
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i Castelli della Maremma
Su tutto il territorio della Maremma sono presenti un gran numero di castelli e fortezze, risalenti principalmente al periodo medievale. Queste imponenti costruzioni sono nate essenzialmente per l’esigenza di proteggere il borgo ed i suoi abitanti da attacchi e saccheggi. La loro storia secolare cela però un vasto patrimonio culturale legato soprattutto a leggende e credenze popolari. Ancora oggi questi edifici affascinano i visitatori per la loro atmosfera misteriosa e per le storie, più o meno veritiere, che a questi luoghi sono legate.
Nel medioevo, quando la Toscana era divisa tra i vari comuni e signorie, le fortezze rappresentavano spesso un avamposto difensivo e per questo furono oggetto di feroci contese. La storia ci racconta dei numerosi scontri tra le diverse potenze del periodo che ambivano al controllo totale della regione, che in alcuni casi videro coinvolte proprio alcune di queste costruzioni.
In molti casi, invece, la sola presenza di imponenti castelli e fortezze bastava a scoraggiare eventuali aggressori, tanto che alcune di queste strutture sono arrivate a noi praticamente intatte. Spesso i signori dell’epoca scelsero questi edifici come loro residenza e la solidità di queste strutture doveva testimoniare la forza e la sicurezza del loro potere.
Nel medioevo, quando la Toscana era divisa tra i vari comuni e signorie, le fortezze rappresentavano spesso un avamposto difensivo e per questo furono oggetto di feroci contese. La storia ci racconta dei numerosi scontri tra le diverse potenze del periodo che ambivano al controllo totale della regione, che in alcuni casi videro coinvolte proprio alcune di queste costruzioni.
In molti casi, invece, la sola presenza di imponenti castelli e fortezze bastava a scoraggiare eventuali aggressori, tanto che alcune di queste strutture sono arrivate a noi praticamente intatte. Spesso i signori dell’epoca scelsero questi edifici come loro residenza e la solidità di queste strutture doveva testimoniare la forza e la sicurezza del loro potere.
il Castello di Porrona

il Castello di Montepò
il Castello di Potentino
il Castello di Triana

il Castello di Montemassi
il Castello di Castiglioncello Bandini

il Cassero Senese di Paganico
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le Rocche Aldobrandesche
Le rocche aldobrandesche sono fortificazioni fatte costruire o entrate in possesso della famiglia Aldobrandeschi durante il periodo medievale. Si differenziano dai castelli isolati per la loro ubicazione nella parte sommitale all'interno di borghi o insediamenti abitativi.
Le rocche aldobrandeche erano generalmente costituite da un corpo di fabbrica principale, il palazzo padronale, e da una torre attigua dalla quale era possibile svolgere funzioni di avvistamento e, talvolta, anche difensive.
In alcuni casi il complesso della rocca era più articolato, tanto da poter essere considerato come un vero e proprio castello urbano, essendo delimitato da una indipendente cerchia muraria, ben distinta da quella del rimanente abitato, e costituito da più fabbricati autonomi collegati tra loro da una serie di vicoli. Esempi di questo tipo sono il Castello di Montemassi e il Castello di Rocchette di Fazio, inquadrabili comunque come rocche aldobrandesche.
Un caso a parte è rappresentato, invece, da Palazzo Aldobrandeschi a Grosseto. L'edificio, ristrutturato quasi interamente agli inizi del secolo scorso, era un palazzo signorile in epoca medievale dove risiederono anche gli Aldobrandeschi, ma era completamente distinto dall'antica rocca aldobrandesca di Grosseto, completamente scomparsa nel corso del tempo.
Il territorio controllato dagli Aldobrandeschi comprendeva una vasta area a cavallo tra la Toscana centro-meridionale ed il Lazio settentrionale, interessando in modo più o meno diffuso gli attuali territori provinciali di Grosseto, Livorno, Siena e Viterbo.
Nel corso del tempo si è verificata la spartizione dei territori nella Contea di Sovana e nella Contea di Santa Fiora, gran parte delle quali furono ereditate, in epoche diverse, rispettivamente dagli Orsini e dagli Sforza. Altri territori furono persi, soprattutto a vantaggio della Repubblica di Siena.
Le rocche aldobrandeche erano generalmente costituite da un corpo di fabbrica principale, il palazzo padronale, e da una torre attigua dalla quale era possibile svolgere funzioni di avvistamento e, talvolta, anche difensive.
In alcuni casi il complesso della rocca era più articolato, tanto da poter essere considerato come un vero e proprio castello urbano, essendo delimitato da una indipendente cerchia muraria, ben distinta da quella del rimanente abitato, e costituito da più fabbricati autonomi collegati tra loro da una serie di vicoli. Esempi di questo tipo sono il Castello di Montemassi e il Castello di Rocchette di Fazio, inquadrabili comunque come rocche aldobrandesche.
Un caso a parte è rappresentato, invece, da Palazzo Aldobrandeschi a Grosseto. L'edificio, ristrutturato quasi interamente agli inizi del secolo scorso, era un palazzo signorile in epoca medievale dove risiederono anche gli Aldobrandeschi, ma era completamente distinto dall'antica rocca aldobrandesca di Grosseto, completamente scomparsa nel corso del tempo.
Il territorio controllato dagli Aldobrandeschi comprendeva una vasta area a cavallo tra la Toscana centro-meridionale ed il Lazio settentrionale, interessando in modo più o meno diffuso gli attuali territori provinciali di Grosseto, Livorno, Siena e Viterbo.
Nel corso del tempo si è verificata la spartizione dei territori nella Contea di Sovana e nella Contea di Santa Fiora, gran parte delle quali furono ereditate, in epoche diverse, rispettivamente dagli Orsini e dagli Sforza. Altri territori furono persi, soprattutto a vantaggio della Repubblica di Siena.


la Rocca Aldobrandesca di Arcidosso

la Rocca Aldobrandesca di Capalbio


la Rocca Aldobrandesca di Manciano
la Rocca Aldobrandesca di Scarlino
la Rocca Aldobrandesca di Roccalbegna
La Rocca Aldobrandesca di Castell'Azzara


la Rocca Aldobrandesca di Sovana



la Rocca Silvana di Selvena
la Rocca di Castell'Ottieri



la Torre del Candeliere di Massa Marittima


La Torre dell'Orologio di Roccastrada

Orologi delle Torri
Le origini degli orologi da torre pubblici nella Provincia di Grosseto sono assai remote, come attestano gli esempi di Massa Marittima, Orbetello, Santa Fiora e Montepescali, del XV secolo e quello di Pitigliano, dei primi anni del Cinquecento.
In tutte le altre località la fase d'impianto di un pubblico orologio è assai più tarda ed in molti casi risale soltanto al XIX o XX secolo.
La committenza, anche quando l'orologio si trovava sul campanile della chiesa paesana, è molto spesso assunta dalle amministrazioni comunali.
In altri casi l'orologio veniva acquistato mediante una pubblica sottoscrizione dalla popolazione locale.
In svariati casi la committenza dell'impianto dell'orologio civico è dovuta alle disponibilità delle famìglie nobili che erano proprietarie della contea, del feudo, del marchesato. A Santa Fiora e Roccalbegna l'orologio venne fatto collocare a cura degli Sforza di Roma, a Montepescali dai Tolomei di Siena, a Mugliano dai Bentivoglio di Ferrara, a Pitigliano dagli Orsini, a Castigìion della Pescaia e a Sorano dai Medici di Firenze. Dobbiamo rilevare che nella maggioranza dei casi l'orologio veniva collocato sopra la rocca, il cassero oppure una apposita torre civica.
In rari casi l'orologio si trovava negli insediamenti minerari o siderurgici come avvenuto per la miniera Fenice di Capanne o le fonderie di Follonica.
Im ricerca documentaria ha accertato la presenza di numerosi costruttori e riparatori di orologi da torre di varie provenienze.
Sostanzialmente nel periodo più antico, cioè per il XVI, XVII e XVJÌÌ secolo si rileva la presenza di costruttori di provenienza senese, sia perchè la maggior parte del territorio era sotto il dominio del Magistrato dei Quattro Conservatori di Siena, organismo di controllo Mediceo, sia perchè nella zona di Grosseto e nella Maremma non vi erano molti artigiani locali Per quanto riguarda la prima metà dell'Ottocento si pone in rilievo l'attività artigianale di alcuni orologiari locali, tra cui ricordo Ciuseppe Frosolini e Orazio Ambrogi di A rcidosso e Bartolomeo Ulivi di Orbetello.
Nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento si nota invece la massiccia presenza di ditte costruttrici provenienti dal Nord Italia, ben attrezzate, con produzione industriale: Frassoni, Fontana, Sommaruga di Milano; Granaglia, Miroglio di Torino; Ferrile di Genova. Si rileva anche la presenza casuale della ditta Leon Toiirnier di Morez nello jura francese, introdotta nel territorio di Gavorrano da un rappresentante locale. Uniche eccezioni toscane sono per il XIX secolo la ditta dei fratelli Cecchetti di Cascina e per il XX secolo le ditte Carlo Marziali di Firenze e Luigi Toninelli di Cecina. Evidentemente ciò si spiega con la mancanza di una produzione artigianale locale e soprattutto dalla convenienza economica offerta dalle citate ditte del Nord Italia e della Francia, che fabbricavano ormai le macchine in stampo di fusione in tempi brevissimi e con costi concorrenziali.
In tutte le altre località la fase d'impianto di un pubblico orologio è assai più tarda ed in molti casi risale soltanto al XIX o XX secolo.
La committenza, anche quando l'orologio si trovava sul campanile della chiesa paesana, è molto spesso assunta dalle amministrazioni comunali.
In altri casi l'orologio veniva acquistato mediante una pubblica sottoscrizione dalla popolazione locale.
In svariati casi la committenza dell'impianto dell'orologio civico è dovuta alle disponibilità delle famìglie nobili che erano proprietarie della contea, del feudo, del marchesato. A Santa Fiora e Roccalbegna l'orologio venne fatto collocare a cura degli Sforza di Roma, a Montepescali dai Tolomei di Siena, a Mugliano dai Bentivoglio di Ferrara, a Pitigliano dagli Orsini, a Castigìion della Pescaia e a Sorano dai Medici di Firenze. Dobbiamo rilevare che nella maggioranza dei casi l'orologio veniva collocato sopra la rocca, il cassero oppure una apposita torre civica.
In rari casi l'orologio si trovava negli insediamenti minerari o siderurgici come avvenuto per la miniera Fenice di Capanne o le fonderie di Follonica.
Im ricerca documentaria ha accertato la presenza di numerosi costruttori e riparatori di orologi da torre di varie provenienze.
Sostanzialmente nel periodo più antico, cioè per il XVI, XVII e XVJÌÌ secolo si rileva la presenza di costruttori di provenienza senese, sia perchè la maggior parte del territorio era sotto il dominio del Magistrato dei Quattro Conservatori di Siena, organismo di controllo Mediceo, sia perchè nella zona di Grosseto e nella Maremma non vi erano molti artigiani locali Per quanto riguarda la prima metà dell'Ottocento si pone in rilievo l'attività artigianale di alcuni orologiari locali, tra cui ricordo Ciuseppe Frosolini e Orazio Ambrogi di A rcidosso e Bartolomeo Ulivi di Orbetello.
Nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento si nota invece la massiccia presenza di ditte costruttrici provenienti dal Nord Italia, ben attrezzate, con produzione industriale: Frassoni, Fontana, Sommaruga di Milano; Granaglia, Miroglio di Torino; Ferrile di Genova. Si rileva anche la presenza casuale della ditta Leon Toiirnier di Morez nello jura francese, introdotta nel territorio di Gavorrano da un rappresentante locale. Uniche eccezioni toscane sono per il XIX secolo la ditta dei fratelli Cecchetti di Cascina e per il XX secolo le ditte Carlo Marziali di Firenze e Luigi Toninelli di Cecina. Evidentemente ciò si spiega con la mancanza di una produzione artigianale locale e soprattutto dalla convenienza economica offerta dalle citate ditte del Nord Italia e della Francia, che fabbricavano ormai le macchine in stampo di fusione in tempi brevissimi e con costi concorrenziali.