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i Castelli della Maremma

Su tutto il territorio della Maremma sono presenti un gran numero di castelli e fortezze, risalenti principalmente al periodo medievale. Queste imponenti costruzioni sono nate essenzialmente per l’esigenza di proteggere il borgo ed i suoi abitanti da attacchi e saccheggi. La loro storia secolare cela però un vasto patrimonio culturale legato soprattutto a leggende e credenze popolari. Ancora oggi questi edifici affascinano i visitatori per la loro atmosfera misteriosa e per le storie, più o meno veritiere, che a questi luoghi sono legate.
Nel medioevo, quando la Toscana era divisa tra i vari comuni e signorie, le fortezze rappresentavano spesso un avamposto difensivo e per questo furono oggetto di feroci contese. La storia ci racconta dei numerosi scontri tra le diverse potenze del periodo che ambivano al controllo totale della regione, che in alcuni casi videro coinvolte proprio alcune di queste costruzioni.
In molti casi, invece, la sola presenza di imponenti castelli e fortezze bastava a scoraggiare eventuali aggressori, tanto che alcune di queste strutture sono arrivate a noi praticamente intatte. Spesso i signori dell’epoca scelsero questi edifici come loro residenza e la solidità di queste strutture doveva testimoniare la forza e la sicurezza del loro potere.


il Castello di Porrona

Il Castello di Porrona è una struttura fortificata situata nel borgo medievale di Porrona, nel territorio comunale di Cinigiano. La sua ubicazione è nella piazza del centro storico, all'angolo occidentale del perimetro delle Mura di Porrona. Il castello fu costruito in epoca medievale dai Senesi, proprio nel periodo in cui venivano realizzate le mura che delimitano il borgo. I lavori furono ultimati all'inizio del Duecento. Divenuto subito luogo di soggiorno per famiglie nobili senesi, dal Trecento in poi divenne la residenza dei Tolomei e dei Piccolomini, che si spartirono il controllo sul castello e sul vicino palazzo situato nella parte centrale del borgo. In epoca tardorinascimentale e, più precisamente all'inizio del Cinquecento, la struttura venne completamente ricostruita; un successivo restauro effettuato nei primi anni del Novecento in stile neogotico ha riproposto i perduti elementi stilistici di epoca medievale. Il Castello di Porrona si affaccia sulla stessa piazza in cui è situata la pieve di San Donato. Le pareti del lato esterno coincidono con l'angolo occidentale della cinta muraria. La struttura è costituita da due principali corpi di fabbrica. Il fabbricato principale si sviluppa su più livelli, con la facciata che guarda verso la piazza della chiesa spezzata ad una certa altezza dalla torre che, sporgendo leggermente, poggia su tre mensole; le monofore che si aprono sulla parete della torre culminano con archi a sesto acuto. La torre si eleva oltre il tetto a quattro spioventi ed è coronata alla sommità da una caratteristica merlatura cordonata. Sul lato destro del fabbricato principale si addossa un altro corpo di fabbrica, di altezza minore, che culmina con una merlatura sommitale cordonata che interessa tutta la struttura. Le pareti dell'intero complesso si presentano interamente rivestite in pietra, riprendendo pienamente gli elementi stilistici medievali che caratterizzano tutti gli altri edifici del suggestivo borgo castellano.

il Castello di Montepò

Il Castello di Montepò è una possente ed elegante struttura fortificata che sorge nella campagna a nord di Scansano, a circa 30 km a est di Grosseto. La struttura fortificata sorse attorno all'anno mille nelle vicinanze di un'antica pieve, ma venne quasi interamente ricostruita in epoca trecentesca quando era controllata dai signori di Cotone. Verso la fine del Trecento, il castello passò sotto il controllo di Siena che lo vendette nel corso del secolo successivo alla famiglia dei Sergardi. In epoca rinascimentale, i nuovi proprietari trasformarono la struttura castellana in fattoria fortificata e, nelle epoche successive, vennero fatte alcune ristrutturazioni che portarono ad ampliamenti. Gli ultimi restauri effettuati nella seconda metà del secolo scorso hanno riportato il complesso all'antico splendore. Il Castello di Montepò si presenta come un raro esempio di villa fortificata senese del periodo rinascimentale, grazie agli interventi di trasformazione portati avanti tra il Quattrocento e il Cinquecento. Il complesso, a pianta rettangolare, si dispone con i corpi di fabbrica attorno ad un cortile interno; è fiancheggiato da quattro torri angolari a sezione quadrata, che in passato svolgevano funzioni di avvistamento. Le strutture murarie si presentano in pietra, con alcuni rivestimenti in laterizio sulle facciate che si aprono sul cortile interno. Il castello, attualmente proprietà dei Biondi Santi, è parte integrante di una rinomata azienda agricola specializzata nella produzione di eccellenti vini; in precedenza, era stato luogo di ispirazione dello scrittore britannico Graham Greene.

il Castello di Potentino

Il Castello dI Potentino si trova nell'omonima località situata nella parte settentrionale del territorio comunale di Seggiano, oltre il torrente Vivo. Il castello venne costruito attorno all'anno mille come antico possedimento dei vescovi di Chiusi, la cui diocesi si estendeva, all'epoca, fino a tutta l'area del Monte Amiata. Nel corso del Duecento, il complesso venne sottomesso a Siena, pur venendo vincolato sia all'abbazia di San Salvatore al Monte Amiata che alla famiglia Aldobrandeschi. Con gli inizi del Trecento, il castello fu conteso tra varie famiglie nobili del contado senese, tra le quali anche i Buonsignori, i Tolomei e i Salimbeni, che si spartirono la proprietà facendola diventare un importante complesso rurale. Nel corso del Seicento, l'intera fortificazione venne acquistata dalla famiglia Bourbon del Monte e, dopo vari passaggi di proprietà avvenuti nel corso dei secoli successivi, il complesso è stato acquistato durante il secolo scorso dallo scrittore britannico Graham Greene, i cui eredi lo hanno trasformato in una rinomata azienda agricola. Il Castello dI Potentino presenta ancora oggi il suo originario aspetto medievale, occupando due aree ben distinte; la prima, più esterna, comprende i vari edifici rurali annessi ed introduce alla seconda area, più interna, alla quale si accede attraverso una porta ad arco che si apre lungo una cortina muraria provvista di merli sommitali. L'area padronale è costituita dal castello propriamente detto che si articola ad L attorno ad un cortile. L'edificio, a differenza del rimanente complesso, si presenta in stile rinascimentale a seguito degli interventi effettuati dai Senesi tra il Quattrocento e il Cinquecento, con il portone di accesso architravato sormontato da uno stemma gentilizio; sul tetto si scorge un piccolo campanile a vela. Oltre l'area padronale è presente una terza area ben distinta dove sorgeva un giardino all'italiana, oramai completamente ridimensionato e modificato. Presso l'insediamento castellano, si trova la cappella gentilizia dedicata a Sant'Antonio da Padova.

il Castello di Triana

Il Castello di Triana, a est di Roccalbegna, sorse come antico insediamento rurale nel primo Medioevo. Il luogo è ricordato fin dal 760, ma l'esistenza del castello è attestata solo dalla divisione dei beni degli Aldobrandeschi del 1216, quando fu assegnato al ramo di Santa Fiora. Nel 1388 la Triana fu acquistata dalla famiglia senese dei Piccolomini che lo fecero divenire sede di una signoria rurale nel corso del Cinquecento. I Piccolomini rimasero proprietari del castello e dei terreni circostanti fino al 1962, quando il castello, notevolmente trasformato e con scarsi resti delle forme originarie, è stato lasciato alla Società di Esecutori di Pie Disposizioni di Siena.. L'antico castello medievale è racchiuso all'interno di una cinta muraria con un'unica porta d'accesso: il complesso comprende anche un torrione che costituiva la residenza signorile e due fabbricati disposti intorno ad un cortile.

il Castello di Montemassi

Il Castello di Montemassi si trova nell'omonima località del comune di Roccastrada, in Provincia di Grosseto, sulla vetta della collina che domina l'intero abitato. Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi (Siena, Palazzo Pubblico)Il castello sorse poco dopo l'anno mille come possedimento della famiglia Aldobrandeschi. Il loro controllo sulla fortificazione ebbe termine nella seconda metà del Duecento a seguito di un violento assedio da parte dei Senesi. Dopo alcuni decenni sotto il controllo di Siena, il castello passò, agli inizi del Trecento sotto il controllo dei Pannocchieschi e dei Cappucciani di Sticciano. Successivamente, l'intero abitato fu nuovamente assediato e conquistato dai Senesi, grazie all'assedio condotto da Guidoriccio da Fogliano nel 1328, evento raffigurato in un celebre affresco di Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena. Nei decenni successivi, il castello fu nuovamente al centro di contese che fomentarono anche varie rivolte locali; nel 1374 se ne impossessarono i Salimbeni, mentre alcuni anni più tardi passò alla famiglia Verdelli di Montalcino. Agli inizi del quattrocento i Senesi riuscirono a riprendere il controllo della fortificazione, che fu inglobata nel territorio della Repubblica di Siena. Il controllo fu, tuttavia, mantenuto molto faticosamente per le continue rivolte degli abitanti che rivendicavano ampi margini di autonomia e il riconoscimento del libero Comune di Montemassi, cosa mai avvenuta. A metà del Cinquecento, a seguito della definitiva caduta della Repubblica senese, Montemassi e il suo castello entrarono a far parte del Granducato di Toscana. I Medici cedettero il complesso fortificato ai marchesi Malaspina nella prima metà del Seicento e, nei periodi successivi, ci furono altri passaggi di proprietà fino all'abbandono avvenuto attorno al 1840. Da allora, iniziò un lungo periodo di degrado, terminato soltanto con i restauri avvenuti tra la fine del secolo scorso e gli inizi del nuovo millennio. Il Castello di Montemassi sulla sommità della collinaIl Castello di Montemassi si presenta sotto forma di imponenti ruderi riportati agli antichi splendori, grazie agli ultimi interventi di restauro. Il complesso è delimitato da una serie di cortine murarie che racchiudono un ampio cortile fortificato, dove si affacciano una serie di edifici che presentano porte e finestre ad arco; in questa area sono visibili anche i resti di una cisterna per la raccolta e la distribuzione dell'acqua. I fabbricati più imponenti spicca la rocca, a sezione poligonale, che presenta un possente basamento a scarpa e pareti completamente rivestite in filaretto di pietra, dove si aprono finestre ad arco; la parte alta è rimasta priva di coronamenti sommitali. Poco più in basso rispetto alla rocca, al lato opposto dell'area fortificata, si eleva la torre, a sezione quadrata, con pareti rivestite in pietra provviste di alcune feritoie; anche in questo caso, la parte sommitale risulta senza coronamenti.

il Castello di Castiglioncello Bandini

Dei castelli che sorgono nel comune di Cinigiano, quello di Castiglioncello Bandini, detto anche di Stribugliano, è situato vicino al torrente Melacce nella valle dell’Ombrone. In origine parte dei possedimenti degli Aldobrandeschi, nel corso dei secoli ha cambiato più volte proprietario: prima Ranieri Giamboni, poi i signori di Montorgiali, successivamente l’abbazia del Monte Amiata ed infine i Piccolomini Bandini di Siena. Attualmente è di proprietà privata. Dell’originario castello, ricostruito in epoca recente, resta la torre rotonda con base a scarpa che si staglia nella parte più alta del paese.

il Cassero Senese di Paganico

Il Cassero Senese di Paganico è la principale struttura fortificata dell'omonima località del comune di Civitella Paganico. Un primo complesso fortificato fu eretto dai Senesi attorno alla metà del Duecento per il controllo della via di comunicazione lungo il fiume Ombrone che da Siena conduceva verso Grosseto. A seguito della devastazione subita nel 1328 per opera delle truppe di Castruccio Castracani, fu completamente ricostruita la cinta muraria, con 4 possenti fortificazioni, una per ogni lato; a nord-est venne edificato l'imponente complesso del Cassero Senese. Le strutture fortificate, assieme al centro storico di Paganico, fecero parte della Repubblica di Siena fino alla metà del Cinquecento, epoca in cui, a seguito della definitiva caduta dello stato senese, entrarono a far parte del Granducato di Toscana e, da allora, ne seguirono le sorti. Nel corso dei secoli successivi il luogo perse l'importanza strategica che aveva assunto nelle epoche precedenti ed andò incontro ad un lento declino. Le conseguenze del degrado sono state la perdita di molte parti dell'originaria cinta muraria e il diroccamento di quasi tutte le fortificazioni. Mentre il Cassero Senese si è ben conservato, le altre strutture hanno perso quasi completamente gli originari splendori; solo la Porta Grossetana, situata sul lato opposto rispetto al Cassero, si è mantenuta discretamente. Il Cassero Senese di Paganico si presenta come una possente fortificazione costituita da due distinti corpi di fabbrica addossati tra loro. Entrambi rivestiti in pietra e laterizio, si caratterizzano per una serie di finestre che si aprono, nella parte superiore, sia verso l'esterno che verso il centro del paese. Il corpo di fabbrica principale presenta, al livello stradale, una doppia porta costituita da un doppio arco sia sul lato esterno che su quello interno, dove l'arco a sesto acuto riempito poggia su quello sottostante ribassato. Mentre all'esterno i caratteri stilistici risultano piuttosto semplici con una finestra quadrata che si apre tra i due archi, nel lato interno la porta è decorata in travertino e marmo bianco e presenta lo stemma bianco e nero di Siena al di sopra dell'arco inferiore ribassato, sopra il quale vi è una finestra quadrangolare ripartita in due sezioni. Le finestre che si aprono su questo corpo di fabbrica si dispongono su due livelli alla sommità della parete interna, separati tra loro da cordonature, mentre sul lato esterno ci sono tre finestre quadrate sopra l'arco a sesto acuto che si dispongono a triangolo, mentre quelle che si aprono sulla parte sommitale sono disposte su un unico livello che poggia su una serie di mensole sporgenti che racchiudono altrettanti archetti ciechi. La torre, più alta e stretta rispetto al corpo di fabbrica attiguo, presenta anche alcune feritoie che lasciano immaginare il ruolo di difesa ed offesa, oltre alle funzioni di avvistamento.
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le Rocche Aldobrandesche

Le rocche aldobrandesche sono fortificazioni fatte costruire o entrate in possesso della famiglia Aldobrandeschi durante il periodo medievale. Si differenziano dai castelli isolati per la loro ubicazione nella parte sommitale all'interno di borghi o insediamenti abitativi.

Le rocche aldobrandeche erano generalmente costituite da un corpo di fabbrica principale, il palazzo padronale, e da una torre attigua dalla quale era possibile svolgere funzioni di avvistamento e, talvolta, anche difensive.

In alcuni casi il complesso della rocca era più articolato, tanto da poter essere considerato come un vero e proprio castello urbano, essendo delimitato da una indipendente cerchia muraria, ben distinta da quella del rimanente abitato, e costituito da più fabbricati autonomi collegati tra loro da una serie di vicoli. Esempi di questo tipo sono il Castello di Montemassi e il Castello di Rocchette di Fazio, inquadrabili comunque come rocche aldobrandesche.

Un caso a parte è rappresentato, invece, da Palazzo Aldobrandeschi a Grosseto. L'edificio, ristrutturato quasi interamente agli inizi del secolo scorso, era un palazzo signorile in epoca medievale dove risiederono anche gli Aldobrandeschi, ma era completamente distinto dall'antica rocca aldobrandesca di Grosseto, completamente scomparsa nel corso del tempo.

Il territorio controllato dagli Aldobrandeschi comprendeva una vasta area a cavallo tra la Toscana centro-meridionale ed il Lazio settentrionale, interessando in modo più o meno diffuso gli attuali territori provinciali di Grosseto, Livorno, Siena e Viterbo.

Nel corso del tempo si è verificata la spartizione dei territori nella Contea di Sovana e nella Contea di Santa Fiora, gran parte delle quali furono ereditate, in epoche diverse, rispettivamente dagli Orsini e dagli Sforza. Altri territori furono persi, soprattutto a vantaggio della Repubblica di Siena.


la Rocca Aldobrandesca di Arcidosso

La Rocca aldobrandesca di Arcidosso si trova nella parte più alta del centro storico dell'omonima località del Monte Amiata. Il termine rocca, anziché castello, è legittimato da una origine indubbiamnete militare delle prime costruzioni. Successivamente però la struttura è andata qualificandosi come castello, per essere stata utilizzata sempre più, dal medioevo ad oggi, in funzione civile e istituzionale. La rocca venne costruita probabilmente intorno all'anno 950 in piena epoca medievale, forse dalla famiglia Aldobrandeschi su preesistenti costruzioni di epoca longobarda; passò successivamente nella Contea di Santa Fiora a seguito della spartizione dei beni tra i due rami della famiglia. Recenti studi archeologici hanno stabilito che, quando intorno al 1100 gli Aldobrandeschi decisero di costruire la torre maestra, la rocca possedeva di già un palazzo in pietra di due piani fatto edificare molto probabilmente dal Merchese Ugo di Toscana tra il 970 e il 995. Quello di Arcidosso è il più antico palazzo extraurbano di governo statale in Italia e uno dei più antichi d'Europa. Qui risiedevano i Visconti del Monte Amiata nominati da Ugo. Gli Aldobrandeschi trasformarono e ampliarono la Rocca sopraelevando di due piani il palazzo torri e cinte murarie merlate. Gli ultimi interventi medievali furono eseguiti dalla Repubblica di Siena dopo il 1332. Infatti nel corso del Trecento i Senesi cercarono più volte di espugnare il luogo, cosa che avvenne nel 1331 grazie all'assedio portato avanti da Guidoriccio da Fogliano; da allora Arcidosso e la sua rocca entrarono a far parte della Repubblica di Siena. Gli eventi storici successivi si legano con la storia della Repubblica senese. Nel 1980, nel Palazzo Pubblico di Siena, è venuto alla luce un affresco di probabile attribuzione a Simone Martini, in cui appare il Castello di Arcidosso in un contesto di non facile interpretazione, ma che sembra riferibile alla conquista di Guidoriccio da Fogliano del 1331. Nella seconda metà del Cinquecento, a seguito della definitiva caduta di Siena, il luogo venne inglobato nel Granducato di Toscana, segunedone le sorti da quel momento in poi.

la Rocca Aldobrandesca di Capalbio

La Rocca aldobrandesca di Capalbio si trova nel cuore del centro storico dell'omonima località della Maremma grossetana, denominata anche la piccola Atene. La rocca sorse in epoca medievale come possedimento dell'Abbazia delle Tre Fontane di Roma. Nel corso del Duecento passò alla famiglia Aldobrandeschi che la ampliarono, conferendole un aspetto ancor più fortificato; gli Aldobrandeschi la controllarono a vicende alterne fino alla fine del Trecento, quando la persero definitivamente a vantaggio degli Orsini di Pitigliano. La permanenza di Capalbio e della sua rocca nella Contea degli Orsini fu, tuttavia, molto breve, a causa della conquista da parte dei Senesi avvenuta agli inizi del Quattrocento. Da allora, la Rocca aldobrandesca fu uno degli avamposti più meridionali della Repubblica di Siena. I Senesi eseguirono dei lavori di ristrutturazione, conferendo al monumento architettonico l'aspetto attuale. Nella seconda metà del Cinquecento, con la definitiva caduta di Siena, la fortificazione passò nelle mani dei Medici, seguendo le sorti del Granducato di Toscana. La Rocca aldobrandesca di Capalbio è situata nel punto più alto del borgo ed è costituita da una torre e da un elegante palazzo signorile, addossati tra loro su un lato. La torre costituisce il nucleo originario del complesso e si presenta a sezione quadrangolare poggiante su un basamento a scarpa cordonato; la parte alta è coronata da una merlatura sommitale che poggia su mensole che racchiudono archetti ciechi. Palazzo Collacchioni è l'elegante palazzo signorile di epoca rinascimentale addossato alla torre sul lato corto. Il fabbricato si sviluppa su tre livelli, presenta alcune pregevoli decorazioni sulla facciata principale, dove si apre il portale che conduce al cortile interno dove è collocato un pozzo per la raccolta d'acqua nella sottostante cisterna interrata. Al suo interno sono conservati caratteristici mobili d'epoca, tra cui anche il Fortepiano Conrad Graf, suonato anche da Giacomo Puccini che spesso soggiornava presso la non lontana Torre della Tagliata.

la Rocca Aldobrandesca di Manciano

La Rocca aldobrandesca di Manciano si trova nel centro storico dell'omonima località, in una posizione dominante da dove è possibile osservare in modo ottimale una vastissima area ad ovest dell'abitato fino al mare. La rocca venne costruita nel corso del XII secolo, divenendo proprietà della famiglia Aldobrandeschi. Dagli inizi del Trecento in poi, vi furono numerose contese per il controllo della fortificazione, considerata da molti in posizione strategica. Dopo una breve occupazione da parte degli Orvietani, la rocca passò agli Orsini di Pitigliano che la controllarono fino al Seicento, a parte un temporaneo dominio senese nella prima metà del Quattrocento durante il quale furono effettuati alcuni lavori di ristrutturazione ed ampliamento. Attorno alla metà del Seicento, Manciano e la sua rocca entrarono a far parte del Granducato di Toscana, assieme ai rimanenti territori della Contea degli Orsini, che scompariva definitivamente dallo scenario geopolitico. Nella seconda metà del Settecento furono effettuati lavori di restauro per salvare la fortificazione dal degrado; un ultimo intervento di recupero è stato condotto nel secolo scorso. La Rocca aldobrandesca di Manciano sorge un basamento quadrangolare delimitato da cortine murarie. Il complesso è costituito da due corpi di fabbrica addossati tra loro su un lato, uno più ampio, di altezza minore, a sezione quadrangolare e uno più alto che costituisce la torre della rocca. L'edificio principale presenta basamenti a scarpa, pareti interamente rivestite in pietra dove si aprono finestre disposte su tre livelli; la parte alta, cordonata, è coronata da una caratteristica merlatura sommitale. La torre è caratterizzata, anch'essa, da una parte alta cordonata e dalla merlatura sommitale che riprendono perfettamente l'aspetto estetico dell'altro corpo di fabbrica. Le pareti in pietra presentano meno aperture e il basamento a scarpa è molto più alto e pronunciato, circondato su tre lati da cortine murarie che delimitano una sorta di piccolo fortilizio, addossandosi alla parte bassa dell'altro corpo di fabbrica. Il complesso è attualmente sede del Comune di Manciano.

la Rocca Aldobrandesca di Scarlino

La Rocca aldobrandesca, nota anche come Rocca Pisana o Castello di Scarlino si trova nella parte più alta del centro storico dell'omonimo comune della provincia di Grosseto. Il Castello di Scarlino sorse come rocca nel corso del X secolo, per volere degli Aldobrandeschi, in un'area che aveva dato alla luce reperti di epoca preistorica. Il complesso rimase di proprietà della famiglia Aldobrandeschi fino alla fine del Duecento, eccetto un breve e temporaneo passaggio alla famiglia Alberti di Mangona. Tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento il castello fu ceduto ai Pisani che lo controllarono per quasi un secolo; proprio in questo periodo fu completamente ristrutturato il complesso. Nel 1398 sia Scarlino che la sua rocca entrarono a far parte del Principato di Piombino, sotto la cui giurisdizione rimase fino al 1815, anno in cui entrò a far parte definitivamente del Granducato di Toscana. Dopo un lungo periodo di degrado che ha compromesso una parte dell'antica fortificazione, sono stati condotti importanti interventi di restauro negli ultimi anni del Novecento che hanno permesso di salvare il complesso, cercando di riportarlo agli antichi splendori. La Rocca aldobrandesca di Scarlino si trova in posizione dominante rispetto all'abitato, all'area meridionale delle Colline Metallifere grossetane e alla parte settentrionale della Maremma grossetana; si presenta sotto forma di imponenti ruderi ottimamente recuperati grazie ai lavori di restauro effettuati negli ultimi due decenni del Novecento. Il complesso attuale, risalente alla ristrutturazione tardo medievale, è costituito da 3 torri angolari differenti tra loro, unite tra loro da una serie di cortine murarie di altezza diversa. La torre nord-orientale si presenta a sezione circolare, con una porta ad arco tondo; attorno ad essa si sviluppano i resti di cortine murarie che dovevano racchiudere, in passato, un bastione o un fortilizio. La torre sud-orientale presenta una sezione quadrata, mentre quella sud-occidentale è rettangolare e di altezza minore rispetto alle altre. L'intero complesso, interamente rivestito in pietra, poggia su strutture molto più antiche che testimoniano l'origine alto medievale del castello.

la Rocca Aldobrandesca di Roccalbegna

La rocca fu costruita in epoca medievale sulla cima dell'imponente rupe che domina il centro di Roccalbegna e il corso del fiume Albegna. Gli Aldobrandeschi utilizzarono questa fortificazione con funzioni difensive e di avvistamento; la sua particolare posizione, rendeva la fortificazione praticamente inespugnabile ed era stata studiata anche come rifugio per la popolazione in caso di assedio condotto da truppe nemiche. Durante il Duecento, la rocca costituiva il fulcro del sistma difensivo assieme al Cassero ubicato sulla vetta dell'altra rupe. Nel corso del Trecento, con l'inizio del dominio senese su Roccalbegna, la rocca andò incontro ad un periodo di declino, non venendo più considerata quell'opera di fondamentale importanza strategica dal punto di vista difensivo; i Senesi preferirono mantenere il controllo dal vicino cassero. Con la caduta della Repubblica di Siena, Roccalbegna e le sue fortificazioni furono temporaneamente inglobate nel Granducato di Toscana a metà Cinquecento, per essere poi cedute alla contea di Santa Fiora. Nel 1624 l'intero centro abitato fu ceduto ai Bichi di Siena, che fecero dell'omonimo palazzo cittadino la loro residenza; da allora, la rocca è stata completamente abbandonata, giungendo fino ad oggi sotto forma di imponenti ruderi che ricordano la sua passata grandiosità. La Rocca aldorandesca, situata alla sommità della ripidissima rupe che domina l'abitato di Roccalbegna,attualmente si presenta sotto forma di imponenti ruderi collocati in posizione estremamente panoramica. Le strutture murarie sono completamente rivestite in pietra, con alcune feritoie che si aprono ad altezze diverse. Esse si articolano a forma irregolare, adattandosi alla particolare orografia della vetta della rupe; la fortificazione, oramai priva di copertura sommitale, doveva svilupparsi almeno su due livelli.

La Rocca Aldobrandesca di Castell'Azzara

La Rocca aldobrandesca di Castell'Azzara si trova nel punto più alto dell'omonimo centro, di fronte alla Chiesa di San Nicola. La rocca fu costruita dagli Aldobrandeschi nel Duecento, nel luogo in cui sorgevano costruzioni di epoca precedente. Per la sua costruzione, nel 1212 ci fu addirittura una disputa al gioco della zara (dadi) tra i membri della famiglia, affinché fosse deciso chi avrebbe dovuto finanziare il lavoro. Tale evento ha conferito al luogo la denominazione di Castell'Azzara. La fortificazione, a parte un temporaneo passaggio di proprietà alla famiglia Baschi di Orvieto sul finire del Duecento, fu un possedimento aldobrandesco quasi ininterrotto fino al 1439, anno in cui fu ereditata dagli Sforza, assieme all'intera Contea di Santa Fiora, a seguito del matrimonio tra Cecilia Aldobrandeschi e Bosio Sforza. Nel Seicento, la caduta politica della contea sforzesca e la conseguente annessione di Castell'Azzara al Granducato di Toscana determinarono la vendita della rocca a privati che, in seguito, la suddivisero in più unità abitative. La Rocca aldobrandesca di Castell'Azzara si presenta in parte alterata rispetto all'orignario aspetto medievale, a causa della suddivisione in più unità e per l'inglobamento in altri edifici del lato orientale delle sue mura. Il complesso è costituito da un imponente palazzo padronale, disposto su tre livelli con strutture murarie in blocchi di pietra, che si articola attorno alla caratteristica Torre dell'Orologio, situata in posizione angolare. La Torre, che si affaccia nella piazza della chiesa, si presenta suddivisa in due ordini da una cordonatura che si sviluppa poco al di sopra dell'altezza del palazzo. Le strutture murarie, in conci di pietra, culminano in alto con un cordone sommitale, su cui poggiano una serie di beccatelli triangolari. Nella parte alta della torre, sono collocati 4 orologi di epoca moderna (uno per ogni lato).

la Rocca Aldobrandesca di Sovana

La rocca sorse su preesistenti strutture di epoca etrusca attorno all'anno mille come sede e simbolo del potere della famiglia Aldobrandeschi, che la controllarono fino alla fine del Duecento. Durante il dominio aldobrandesco, la fortificazione fu inglobata nella Contea di Sovana, a seguito della spartizione di tutti i possedimenti della famiglia. Nel 1293, Sovana e la sua rocca entrarono a far parte della Contea degli Orsini di Pitigliano, a seguito del matrimonio tra Romano Orsini e Anastasia Aldobrandeschi. Tuttavia, in questo periodo storico ci fu una fase di degrado dovuta allo spostamento della capitale a Pitigliano. Nei primi anni del Quattrocento, Sovana fu conquistata dai Senesi, entrando così a far parte della Repubblica di Siena. Proprio in questo periodo, la fortificazione venne restaurata dopo essere rimasta completamente abbandonata per più di un secolo. Nella seconda metà del Cinquecento, Sovana e la sua rocca entrarono a far parte del Granducato di Toscana, seguendone le sorti. Cosimo I de' Medici fece eseguire alcuni lavori di ristrutturazione che, tuttavia, non impedirono il successivo abbandono e il conseguente degrado della struttura. La Rocca aldobrandesca di Sovana è situata poco fuori la parte orientale del centro storico, poggiando con il lato esterno un piccolo sperone di tufo che livella la superficie di base. Attualmente, si presenta sotto forma di imponenti ruderi, rivestiti in tufo e conservati in discrete condizioni. L'accesso avviene attraverso una porta ad arco tondo che si apre sul lato rivolto verso il centro storico. Le cortine murarie poggiano su alcuni tratti delle primitive "Mura di Sovana" etrusche e presentano, in alcuni punti, coronamenti sommitali con archetti ciechi poggianti su mensole; anche la torre, che si conserva soltanto su due lati, presenta un coronamento sommitale molto simile, con mensole che risultano però molto più sporgenti, lasciando immaginare la presenza di una merlatura in epoche passate.

la Rocca Silvana di Selvena

La Rocca Silvana si trova nel territorio comunale di Castell'Azzara, pochi chilometri a sud del centro minerario di Selvena. La rocca fu costruita nel corso del IX secolo ed era un antico possedimento dell'Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata. Nei secoli successivi divenne proprietà della famiglia Aldobrandeschi, assumendo un ruolo strategico per il controllo e lo sfruttamento delle vicine miniere di cinabro ed entrando nelle mire espansionistiche di Siena, sotto la cui giurisdizione passò attorno alla metà del Trecento. Tuttavia, il dominio senese non fu molto lungo, in quanto gli Orsini di Pitigliano riuscirono ad inglobare la fortificazione nella loro contea nei primi anni del Quattrocento. La rocca entrò a far parte del Granducato di Toscana attorno alla metà del Seicento, assieme a tutti gli altri territori della Contea degli Orsini che, proprio in ques'epoca, scompariva definitivamente dallo scenario politico. Da allora, la fortificazione fu gradualmente dismessa, andando incontro ad un lungo ed inesorabile declino che si è protratto fino agli ultimi anni del secolo scorso, quando una serie di campagne di scavo e di interventi di restauro hanno permesso il recupero degli imponenti ruderi che testimoniano, ancora oggi, l'importanza della rocca nei secoli passati. La Rocca Silvana si trova sulla vetta di un monte, dal quale si domina la vasta area circostante. Nella parte bassa si estendeva il borgo, di cui rimangono le strutture murarie dei vari edifici, mentre nell'area sommitale si trova il palazzo signorile, a pianta quadrangolare, disposto su due livelli, presso il quale vi sono i resti di una cisterna per la raccolta e la distibuzione dell'acqua. Il complesso è costituito anche da 2 torri, di cui una situata di fianco all'antico cassero, presso il quale si trovava un'altra cisterna.

la Rocca di Castell'Ottieri

La fortificazione fu costruita nel corso del Quattrocento dalla famiglia degli Ottieri, che ne fecero la sede della loro contea. La rocca venne costruita attorno alla preesistente torre innalzata nel corso del XII secolo dagli Aldobrandeschi, che costituiva parte della loro fortificazione; il nuovo complesso fu il centro del potere della Contea degli Ottieri fino agli inizi del Seicento, epoca in cui il suo territorio entrò a far parte del Granducato di Toscana. Tuttavia, i Medici trascurarono molto sia la rocca che il centro di Castell'Ottieri, determinando l'inizio di un lunghissimo periodo di declino che ha avuto termine soltanto con i restauri effettuati durante il secolo scorso. La Rocca di Castell'Ottieri si sviluppa su 3 lati, a difesa dell'accesso obbligato al borgo attraverso la porta ad arco tondo ribassato collocata lungo le mura che si dipartono a fianco del complesso. La fortificazione si articola attorno alla torre medievale a sezione quadrangolare, e comprende anche la caratteristica torre a sezione circolare con basamento a scarpa in pietra, la cui cordonatura prosegue anche verso le restanti parti del complesso. Le pareti esterne dell'intera fortificazione sono interamente rivestite in filaretto di tufo, come gran parte dei palazzi e dei castelli situati in questo territorio. Sulla parete addossata sulla sinistra della torre circolare sono collocati 3 stemmi gentilizi in travertino. Inoltre, lungo le pareti si aprono alcune finestre di forma quadrilatera, che si dispongono su 3 livelli lungo la torre circolare. La parte alta della rocca presenta ancora oggi i segni del degrado e dell'abbandono dei secoli scorsi, anche se gli ultimi restauri hanno permesso di riportare agli antichi splendori l'intero complesso che si presenta, tutto sommato, in buone condizioni.

la Torre del Candeliere di Massa Marittima

La Torre del Candeliere, nota anche come Torre dell'Orologio, si trova in Piazza Matteotti all'inizio della Città Nuova di Massa Marittima. Fu edificata nei primi decenni del Duecento, parzialmente distrutta dai Senesi durante il secolo successivo, ed è ciò che resta di una preesistente fortezza, oltre ad essere parte integrante delle mura. La torre si presenta a sezione quadrangolare con basamento a scarpa e pareti rivestite in travertino; l'accesso alla struttura, rientrante nella "Rete museale della Maremma", avviene attraverso una porta al piano rialzato, raggiungibile attraverso una scala che ha sostituito l'originaria rampa esterna. La parete che guarda verso la piazza presenta un orologio a metà altezza, ove è presente anche una serie di piccole caditoie che si trovano anche nella parete dell'ingresso. La parte sommitale culmina con una grossolana e stretta struttura a vela a sezione rettangolare, che si eleva ben oltre l'altezza della torre sullo stesso lato dell'orologio.

La Torre dell'Orologio di Roccastrada

La Torre dell'Orologio La struttura originaria risaliva al XIV sec. e fu ricostruita in stile dopo l’ultima guerra mondiale, durante la quale venne distrutta. Rappresentava il fulcro delle fortificazioni del castello di Roccastrada e ne proteggeva l’accesso nord; la porta della Madonnina rappresentava l’ingresso sud. La struttura coronata da archetti pensili la rende somigliante a quella del Mangia di Siena, ed è preceduta da un antiporto di scopo difensivo

Orologi delle Torri

Le origini degli orologi da torre pubblici nella Provincia di Grosseto sono assai remote, come attestano gli esempi di Massa Marittima, Orbetello, Santa Fiora e Montepescali, del XV secolo e quello di Pitigliano, dei primi anni del Cinquecento.
In tutte le altre località la fase d'impianto di un pubblico orologio è assai più tarda ed in molti casi risale soltanto al XIX o XX secolo.
La committenza, anche quando l'orologio si trovava sul campanile della chiesa paesana, è molto spesso assunta dalle amministrazioni comunali.
In altri casi l'orologio veniva acquistato mediante una pubblica sottoscrizione dalla popolazione locale.
In svariati casi la committenza dell'impianto dell'orologio civico è dovuta alle disponibilità delle famìglie nobili che erano proprietarie della contea, del feudo, del marchesato. A Santa Fiora e Roccalbegna l'orologio venne fatto collocare a cura degli Sforza di Roma, a Montepescali dai Tolomei di Siena, a Mugliano dai Bentivoglio di Ferrara, a Pitigliano dagli Orsini, a Castigìion della Pescaia e a Sorano dai Medici di Firenze. Dobbiamo rilevare che nella maggioranza dei casi l'orologio veniva collocato sopra la rocca, il cassero oppure una apposita torre civica.
In rari casi l'orologio si trovava negli insediamenti minerari o siderurgici come avvenuto per la miniera Fenice di Capanne o le fonderie di Follonica.
Im ricerca documentaria ha accertato la presenza di numerosi costruttori e riparatori di orologi da torre di varie provenienze.
Sostanzialmente nel periodo più antico, cioè per il XVI, XVII e XVJÌÌ secolo si rileva la presenza di costruttori di provenienza senese, sia perchè la maggior parte del territorio era sotto il dominio del Magistrato dei Quattro Conservatori di Siena, organismo di controllo Mediceo, sia perchè nella zona di Grosseto e nella Maremma non vi erano molti artigiani locali Per quanto riguarda la prima metà dell'Ottocento si pone in rilievo l'attività artigianale di alcuni orologiari locali, tra cui ricordo Ciuseppe Frosolini e Orazio Ambrogi di A rcidosso e Bartolomeo Ulivi di Orbetello.
Nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento si nota invece la massiccia presenza di ditte costruttrici provenienti dal Nord Italia, ben attrezzate, con produzione industriale: Frassoni, Fontana, Sommaruga di Milano; Granaglia, Miroglio di Torino; Ferrile di Genova. Si rileva anche la presenza casuale della ditta Leon Toiirnier di Morez nello jura francese, introdotta nel territorio di Gavorrano da un rappresentante locale. Uniche eccezioni toscane sono per il XIX secolo la ditta dei fratelli Cecchetti di Cascina e per il XX secolo le ditte Carlo Marziali di Firenze e Luigi Toninelli di Cecina. Evidentemente ciò si spiega con la mancanza di una produzione artigianale locale e soprattutto dalla convenienza economica offerta dalle citate ditte del Nord Italia e della Francia, che fabbricavano ormai le macchine in stampo di fusione in tempi brevissimi e con costi concorrenziali.